La chirurgia epatica. Dott. Alessandro Arturi chirurgo addominale a Roma Resp.le Unità Operativa Semplice (UOS) Chirurgia Oncologica Mininvasiva presso Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli -Roma- Specialista in Chirurgia Dell’Apparato Digerente ed Endoscopia Digestiva Chirurgica

La  chirurgia epatica, sin dagli anni ’80, e’ stata riconosciuta come il trattamento gold standard delle metastasi colo-rettali. la resezione radicale era considerata l’unica opzione terapeutica potenzialmente curativa. dopo piu’ di trent’anni questo concetto è ancora valido.

la chirurgia epatica

La resezione epatica è ormai universalmente riconosciuta come il trattamento gold standard delle metastasi colo-rettali. i tassi di sopravvivenza a 5 anni dopo resezione radicale oscillano tra il 40 ed il 60%.

I risultati vengono pero’ ridimensionati dal rischio di una recidiva che si presentera’ in circa il 60% dei pazienti nel corso del follow up, in genere entro due anni dalla resezione epatica.

Le recidive, anche extra epatiche, sono trattate aggressivamente, ogni qual volta possibile, mediante chemioterapia e ri-resezione.

La letteratura è concorde nel riportare una sopravvivenza dopo ri-resezione perfettamente sovrapponibile a quella dopo la prima resezione, sempre che sia radicale.

L’uso dell’ecografia intraoperatoria è di fondamentale importanza nel trattamento delle resezioni epatiche.

L’ecografia intraoperatoria rappresenta, per il chirurgo che si appresta ad eseguire un intervento di resezione epatica, un irrinunciabile mezzo diagnostico, di stadiazione della malattia, di guida alla resezione, risultando in grado di modificare il piano chirurgico programmato basandosi sui precedenti esami eseguiti.

La metodica prevede l’utilizzo di un ecografo possibilmente di piccole dimensioni, di grande maneggevolezza, e di tecnologia avanzata.

L’ecografia intraoperatoria è in grado di:

  1. definire in maniera esatta la localizzazione della lesione
  2. consentire di disegnare una precisa mappa delle linee di resezione
  3. consentire, per il suo alto grado di risoluzione, di identificare lesioni di dimensioni anche inferiori al centimetro sfuggite alla diagnostica preoperatoria  
  4. rappresentare una guida alla resezione consentendo di visualizzare, in tempo reale, i piani anatomici e quindi le strutture (vascolari e biliari) che vengono coinvolte nelle linee di sezione, permettendo di evitare sezioni inutili di vasi, ottenendo un notevole risparmio di parenchima, riducendo i danni a carico del parenchima residuo e migliorando il recupero post-operatorio del paziente
  5. rappresentare inoltre un mezzo capace di guidare varie procedure ablative intraoperatorie alternative alla chirurgia, come per esempio la termoablazione per radiofrequenza (rfa).

L’ecoguida intraoperatoria, infatti, consente di identificare esattamente i contorni della lesione tumorale e di studiare bene il rapporto vaso/neoplasia, eseguendo resezioni estremamente precise.

Si possono  togliere lesioni multiple in un unico intervento.

Attraverso le metodiche convenzionali, pazienti con malattie di questo grado di complessità non possono trovare, con un singolo intervento, una risposta chirurgica al loro problema poiché le metastasi coinvolgono ogni parte del fegato.

Grazie all’uso estensivo dell’ecografia intraoperatoria  invece si riesce ad estendere le indicazioni alla chirurgia, senza mortalità intraoperatoria né necessità di reintervento per complicanze.

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